A partire dalla seconda metà del secolo scorso, il tramonto della stagione degli opposti totalitarismi ha visto il crescente affermarsi dei diritti umani come linguaggio universale e comune fondamento etico delle relazioni internazionali. Questo processo di affermazione è culminato nella Dichiarazione Universale del 1948. Come affermava Benedetto XVI nel suo Discorso alle Nazioni Unite del 2008, questi diritti «sono basati sulla legge naturale iscritta nel cuore dell’uomo e presente nelle diverse culture e civiltà. Rimuovere i diritti umani da questo contesto significherebbe restringere il loro ambito» e mettere in discussione la loro universalità che «verrebbe negata in nome di contesti culturali, politici, sociali e persino religiosi differenti».
Al giorno d’oggi quasi ogni rivendicazione sociale, etnica o tecnica è qualificata in termini di diritto fondamentale e viene invocata come diritto umano. Ne sono esempio i “diritti riproduttivi” e il “diritto a non nascere”, ormai universalmente e mediaticamente sostenuti.
Si tratta di istanze che hanno una radice profondamente ideologica, indebitamente affermate come diritto fondamentale e che finiscono per mettere in discussione l’universalità stessa dei diritti umani. Siffatta universalità, invece, non può che fondarsi sul rispetto e sulla salvaguardia della dignità fondamentale della persona umana e delle sue convinzioni prima, durante e dopo la sua vita. Il recupero della dignità dei diritti non potrà quindi che venire da un libero confronto di idee e di esperienze, uniche in grado di rendere veramente umani questi diritti. Su questo tema della speranza riposta nei diritti fondamentali dell’uomo e sulla delusione derivante dalla loro ideologizzazione, la Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università della Santa Croce, il 21 novembre del 2013, ha organizzato una Giornata di Studio, i cui Atti pubblichiamo in questo volume.
Hanno contribuito a questo volume con i loro scritti: Cardinal Giuseppe Betori, Carlo Cardia, Vincenzo Buonomo, José Tomás Martín de Agar e Giuseppe Dalla Torre.