Oggi, in una fase in cui il giornalismo sta vivendo trasformazioni profonde, l’esempio di Giuseppe De Carli non è superato. È vero, il giornalismo è cambiato e sta cambiando sempre più velocemente. L’affermarsi di nuovi strumenti, come i social network, ha moltiplicato le fonti e l’interattività, e la distinzione tra fonti e destinatari del messaggio è sempre più sfumata. La figura del giornalista, di conseguenza, è in crisi. Ma sono sicuro che Giuseppe De Carli avrebbe precisato: non dimenticate che la parola crisi viene da un verbo greco che significa separare, cernere, quindi discernere, giudicare, valutare. Si tratta di decidere chi e che cosa vogliamo essere in questo nuovo scenario. Nella consapevolezza che la comunicazione è sì questione tecnica ma è, prima ancora, questione morale.
Un grande inviato, Ryszard Kapuscinski, una volta fece un ritratto del giornalista, e secondo me quella sua lezione dovrebbe essere mandata a memoria da noi tutti. Disse che il cinico non è adatto a questo mestiere. Disse che per fare del giornalismo si deve essere innanzi tutto degli uomini buoni, o delle donne buone, dei buoni esseri umani, perché “le persone cattive non possono essere dei bravi giornalisti”. Disse poi che le nuove tecnologie, pur facilitando enormemente il nostro lavoro, non ne prenderanno mai il posto, perché ci sarà sempre bisogno di giornalisti con la voglia di prepararsi e di studiare: “Vi sono professioni per le quali normalmente si va all’università, si ottiene il diploma e lì finisce lo studio. Per il resto della vita si deve semplicemente amministrare ciò che si è imparato. Nel giornalismo, invece, l’aggiornamento e lo studio costanti sono la conditio sine qua non”. Ecco, nelle parole di Kapuscinski trovo il ritratto più vivido e vero di Giuseppe De Carli.
Elisabetta Lo Iacono, versiliese di origine, vive e lavora a Roma. Laureata alla Facoltà di Scienze politiche “Cesare Alfieri” di Firenze, è giornalista professionista, accreditata presso la Sala Stampa della Santa Sede e docente di Mass media alla Pontificia Facoltà Teologica “San Bonaventura” Seraphicum dove è anche responsabile dell’Ufficio stampa e del mensile San Bonaventura informa. Ha pubblicato Se mi sbaglio mi corrigerete – La rivoluzione comunicativa di Giovanni Paolo II (OCD, Roma, 2008), Caro Signor Papa – Cosa scrivono i fedeli a Giovanni Paolo II (Edizioni Messaggero, Padova, 2010), Drogi Panie Papiezu!(Wydawnictwo WAM, Kraków, 2010), è coautrice del libro Prima e dopo Assisi. Cristianesimo, cultura, religioni (Editoriale 2000, Roma, 2012) e di Dio è comunicazione per eccellenza (ESC, 2014).
Giovanni Tridente, è nato a Capua (Caserta) nel 1983. Giornalista pubblicista dal 2002, coordina l’Ufficio Comunicazione della Pontificia Università della Santa Croce, dove insegna Etica dell’informazione e Position Papers. Ha conseguito il dottorato in comunicazione nel 2009 ed è redattore della rivista spagnola Palabra. Tra le sue pubblicazioni: Attacco all’informazione. Un approccio etico alla copertura mediatica del terrorismo(Apollinare Studi, 2006), La morte e i funerali di Giovanni Paolo II nella stampa italiana (LEV, 2009), Dono e Compito. I 25 anni della Pontificia Università della Santa Croce (Silvana Editoriale, 2010), Dio è comunicazione per eccellenza (ESC, 2014). Ha curato il manuale Teoria e pratica del giornalismo religioso. Come informare sulla Chiesa Cattolica: fonti, logiche, storie, personaggi (ESC, 2014).